BED & BREAKFAST “CELANI”

 
Ferentino sorge come centro fortificato volsco probabilmente agli inizi del V secolo a.C. (anche se sono segnalate preesistenze) in posizione strategicamente dominante la valle del Sacco, già in tempi protostorici attraversata da traffici commerciali sull'itinerario che collega, a ridosso dell'Appennino, il Lazio settentrionale e la Campania.
Nel 413 a.C. occupata ai romani, viene ceduta agli alleati ernici, stanziati sui monti che oggi ne conservano il nome e nelle valli circostanti, entrando a far parte della Confederazione i cui centri originari maggiori sono Anagni, città sacra e centro politico, Alatri e Veroli.
Con la Lega Ernica partecipa ad un primo tentativo di affrancamento dall'alleato romano con la rivolta del 386 a.C. ed in seguito con la guerra dal 362 al 318 a.C.; neutrale nella rivolta capeggiata da Anagni (306-305 a.C.), viene ricompensata con la concessione del diritto latino.
Tito Livio riporta alla data del 211 a.C. la devastazione di Ferentino, Anagni e delle loro campagne ad opera di Annibale nel corso della seconda guerra punica.
A questo episodio sembra sia collegata l'origine del nome di Porta Sanguinaria come luogo dell'estremo tentativo di resistenza dei ferentinati alle truppe del generale cartaginese.
La fase più importante della romanizzazione della città e del territorio circostante si attua, nel 193 a.C., con l'assegnazione di terre a tremilatrecento veterani delle guerre puniche con relative famiglie.
Una parte si stabilisce all'interno della città, mentre la restante parte nella pianura, probabilmente a sud-est in prossimità del Sacco, dando origine ad un nuovo nucleo abitato denominato "Ferentinum Novum".
Il nuovo apporto favorisce che tra il 150 ed il 100 a.C. si inizino ingenti lavori di bonifica nelle pianure acquitrinose ad est, si costruisca un acquedotto per l'approvvigionamento idrico, si ristrutturi e si ampli l'Acropoli con la creazione di un avancorpo verso sud.
Nel 70 a.C. il Mercato coperto a volte, con evidente funzione sostruttiva, verrà a chiudere la linea delle fortificazioni dell'arce.
Al termine delle guerre sociali (98-91 a.C.), con la definitiva erezione a municipium, Ferentino viene completamente inserita nell'organizzazione romana. Nell'ultimo secolo della Repubblica e per tutta la durata dell'Impero, gode pace e benessere.
Le opere di bonifica operate in pianura, la via consolare Latina ormai sicura e diretta comunicazione con Roma, la presenza di acque sulfuree, ne fanno un ameno luogo di residenza e villeggiatura per i patrizi romani. Il poeta Orazio scrive ad un antico: "Se ami la tranquillità, io ti consiglierei di andare a Ferentino".
Con la dinastia degli Antonini (fine I sec. - fine Il sec.) inizia il periodo di maggior splendore per l'Impero ed in città le grandiose opere militari cedono il passo alle civili.
Sotto Traiano ed Adriano sorgono il Teatro (54 m di diametro, 12 m di altezza per 3.500 posti ca.), le Terme intitolate a Flavia Domitilla, nativa di Ferentino, moglie di Vespasiano, madre degli imperatori Tito e Domiziano, ed il nuovo Foro extra-moenia sul quale Aulo Quintilio Prisco farà incidere, nella viva roccia in forma di edicola, le sue munifiche volontà testamentarie.
Nel Teatro la tradizione cristiana, che vorrebbe Ferentino evangelizzata tra i primi centri del Lazio dagli stessi SS. Pietro e Paolo in viaggio verso Terracina, ambienta il processo e la condanna che porterà nel 304 d.c. Ambrogio, centurione romano che aveva abbracciato la fede di Cristo, al martirio e per questo sarà eletto patrono della città. 
Subito dopo l'editto di Costantino (314 d.C.), San Silvestro papa istituisce la prima Curia Vescovile ferentinate e nel 320 d.C. alle Terme di Domiziano in Roma, al Concilio in preparazione di quello di Nicèa (325 d.C.), il vescovo di Ferentino è presente, con quelli di Sora e di Palestrina, in rappresentanza delle prime Diocesi del Lazio al cospetto di Costantino.
Il crollo dell'Impero Romano costringe gli abitanti di Ferentino, per sfuggire ai saccheggi delle orde barbariche dilaganti, a rifugiarsi fuori dall'abitato in luoghi boscosi ed impervi.
Di lì a poco erigeranno le cittadine fortificate di Morolo, Patrica, Sgurgola e Supino.
Il Vescovo, anch'egli riparato fuori città, vi tornerà dopo il 600 stabilendo la sua cattedra in Santa Maria Maggiore finché, fondata nel IX secolo da Pasquale I sull'aree romana la chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, devastata da Goti e Longobardi, verrà riedificata ed ampliata in forma di Basilica e consacrata Cattedrale nel Il 08 stabilendo sull'avancorpo dell'Acropoli la Sede Vescovile.
Il ruolo svolto dal Vescovo di Roma quale capo morale e politico durante le invasioni barbariche apre al potere temporale della Chiesa, favorendo che alla struttura organizzativa romana si sostituisca la nuova organizzazione cristiana del territorio in diocesi e delle città in parrocchie.
Ferentino, sede di diocesi, procede alla riorganizzazione in tal senso.
A partire dal IV sec., con la cripta di San Biagio realizzata nell'area delle Terme vicino al Teatro, a breve seguita dalla prima vera chiesa, S. Maria Maggiore, eretta in posizione elevata tra Porta Sanguinaria e Porta Maggiore (poi Casamari), iniziano a sorgere in ambito urbano i simboli dei nuovi valori.
L'inurbamento conseguente alle invasioni barbariche porta alla costruzione della Chiesa di S. Agata fuori dalle mura, a ridosso della porta urbana che da essa, già porta Latina, oggi, prende il nome.
Nel secolo seguente si erige la chiesa di S. Lucia sulla cripta di S. Biagio, già preesistente ipogeo e ninfeo pagano ed un primo edificio cristiano sull'Acropoli.
Sul finire del VI secolo, i luoghi di culto hanno affiancato, neutralizzandoli, i luoghi più rappresentativi del potere e dello splendore di Roma.
Con il Regno Longobardo d'Italia, dal VII all'Vlll sec., Ferentino fa parte del Ducato Romano fino al 730, anno in cui viene inserita nella provincia di Campania ed attribuita al patrimonio della Santa Sede.
Pipino il Breve alla testa dei Franchi venuti in soccorso del papa Stefano Il, assegna alla Santa Sede i territori espoliati ai Longobardi sottomessi (754), costituendo il primo nucleo dello Stato Pontificio che la creazione del Sacro Romano Impero contribuirà ad accrescere e consolidare.
Ludovico il Pio, figlio ed erede al trono di Carlo Magno, conferma a Pasquale I il pieno possesso dei domini rivendicati dalla Chiesa in Italia: Roma, Perugia, la Campania, l'esarcato di Ravenna e la Pentapoli.
Sarà lo stesso Pasquale I a fondare la prima chiesa dei SS. Giovanni e Paolo dando ulteriore impulso alla fase di espansione urbana alto-medievale che vede il completo riutilizzo "cristiano" dell'Acropoli.
Nel sec. X si procede alla riedificazione della chiesa di S. Lucia nelle forme attuali, mentre la localizzazione della chiesa di S. Ippolito lascia presagire un'espansione verso nord anche a seguito del nuovo inurbamento determinato dalle incursioni dei saraceni che risalgono il Sacco ed il Cosa dal Liri. Nella zona residenziale, ancora addensata nella parte bassa della città, nuove chiese sorgono nell'area dell'antico Foro: S. Valentino e S. Pancrazio.
La chiesa di S.Valentino risulta già esistente ed aperta al culto il 24 maggio del 1061 quando alcuni cittadini di Ferentino ne sottoscrivono l'atto di donazione, con tutte le pertinenze, in favore del Cenobio di Montecassino e per esso all'abate Desiderio, presente alla stesura dell'atto.
I benedettini sono già presenti in città nel monastero che due secoli più tardi passerà all'Ordine francescano di recente istituzione, anticipando i conventi urbani che gli ordini mendicanti con la loro creazione diffonderanno in tutta Europa a partire dal XIII secolo.
Nel 1071, nella nuova basilica in Montecassino, incisi sulle porte bronzee fuse a Costantinopoli nel 1066 per volere di Desiderio, tra i possedimenti dell'abbazia figurano "S. Pancratius, S. Valentinus in Ferentino".
Venuto meno l'appoggio dei Carolingi impegnati nelle lotte di successione, il papato riorganizza le sue province istituendo il "comes Campaniae", suo rappresentante cui affida l'amministrazione economica, giudiziaria ed il potere civile.
Il comes (conte) è un plenipotenziario che affianca e controlla l'operato dei vescovi a capo delle diocesi che compongono la provincia (contea).
Caduta la carica nelle mani di Alberico II, figlio di quell'Alberico I che nel 915 aveva debellato i saraceni nella battaglia del Garigliano, costui spadroneggia arrivando a deporre papa Giovanni XI, suo fratello, facendo eleggere papi suoi succubi.
Alla sua morte, nel 954, la carica diviene espressione di retrivi poteri locali, rappresentando un continuo focolaio di ribellione per lo stesso potere centrale.
La lotta per le investiture intrapresa da Gregorio VII (sec. XI) sconvolge il potere temporale papale, annullando l'autorità del "comes"; favorendo l'affermazione delle autonomie comunali.
Ferentino, come Alatri ed Anagni, si organizza dapprima in un governo consolare affidato a nobili e mercanti per poi passare ad un governo di tipo podestarile.

E' ipotizzabile il successivo passaggio al governo delle arti in cui un Capitano del Popolo affianca il podestà. Infatti le cronache riportano Ribaldo Conti, Capitano del Popolo di Ferentino, accanto a Sciarra Colonna e Guglielmo di Nogaret ad Anagni nel 1303 nell'oltraggio a Bonifacio VIII.
Nel 1130 Ruggero Il d'Altavilla è incoronato Re di Sicilia e di Puglia ed il papato, nel tentativo di arginare la crescente potenza normanna, procede ad una nuova riorganizzazione del Lazio Meridionale che trova ostili comuni e signorie locali.
Sul finire del secolo Innocenzo III tenta di comporre la questione istituendo la provincia di Campagna e Marittima, governata da un legato pontificio, il rettore, che ha la sua sede in Ferentino.
La provincia gode larga autonomia dal potere centrale, dando l'illusione ai comuni ed alle signorie locali di ampia libertà decisionale.
Ferentino diviene la capitale politico-amministrativa ed economica del Lazio meridionale, godendo di splendore e benessere fino al 1557 quando, con il trattato di Cave, la provincia perderà la sua autonomia ed il rettore avrà semplice funzione di sovrintendente.
Innocenzo III, nell'intento di associare la signoria della città ai Montelongo, suoi congiunti, nomina suo cugino Landone primo Rettore nel 1199.
Il papa è a più riprese e per lunghi periodi in città, spesso ospite nel palazzo dei Montelongo.
Nel suo seguito, più di una volta, è presente il re bambino di Sicilia del quale si è nominato tutore e che salirà al trono imperiale col nome di Federico II.
Divenuto imperatore, nel 1248 Federico Il viene sconfitto nella battaglia di Parma da Gregorio da Montelongo, legato pontificio presso la Lega Lombarda, esponente della famiglia che, forse, lo aveva ospitato bambino nel suo palazzo con Innocenzo III.
La tradizione popolare vuole Federico Il e Costanza d'Altavilla, sua madre, effigiati nei conci d'imposta del portale di sinistra sulla facciata di S. Maria Maggiore.
Cosa peraltro plausibile visto che la chiesa originaria viene riedificata dai cistercensi che, subentrati ai benedettini privati della giurisdizione di molti beni tra i quali l'abbazia di Casamari, intorno al 1140, per aver appoggiato l'antipapa Anacleto Il, istituiscono un cenobio presso S. Maria Maggiore ed una grangia urbana. I cistercensi instaurano un rapporto privilegiato con Federico II, e, durante il suo regno, raggiungono il massimo splendore.
Ricevuto solennemente ed ospitato in Casamari nel 1221 in attesa di incontrarsi a Veroli con papa Onorio III per trattare della V Crociata, l'imperatore ottiene il privilegio dell'affiliazione personale all'Ordine cistercense.
Fortemente impressionato dall'architettura praticata da questi monaci, Federico Il decide di avvalersi della loro collaborazione per riedificare il suo impero, come riportato nella Cronaca di Ferraria, e sceglie l'abate di Casamari Giovanni V come suo segretario. 
Tra i risultati più interessanti di questa collaborazione si annoverano la basilica del Murgo presso Lentini (SR) e Castel del Monte presso Andria (BA), alla cui stesura progettuale sembra attendesse lo stesso Federico.
Nel chiostro di Casamari, sulla bifora sinistra nel lato sud, sono effigiati nella pietra Federico II, Pier delle Vigne suo cancelliere e l'abate Giovanni V. In Ferentino, eloquente suggello della presenza dei cistercensi resta la chiesa di S.Maria Maggiore che nel XIV sec. passerà ai benedettini di Montecassino.
Alla morte di Innocenzo III, nel 1216, i Montelongo per non scadere d'importanza politica passano alla fazione ghibellina.
I cistercensi, da sempre schierati al fianco dei liberi Comuni, fautori di una forte idealità democratica unita all'esemplificazione di vita cristiana, vengono dai ghibellini più volte molestati, scacciati dalla città e devastati i loro edifici.
Nel 1248, riconciliate le parti dietro intervento del vescovo Giacomo II, i cistercensi tornano in città e, congiuntamente, gli abati di Casamari e Fossanova, il vescovo, la comunità locale ed il Municipio decidono la ristrutturazione e l'ampliamento della chiesa di S. Maria Maggiore che partiranno qualche anno dopo per concludersi alle soglie del secolo successivo, consegnando la chiesa nelle forme attuali.
Per contrastare i ghibellini, papa Alessandro IV introduce i francescani che incontreranno non poche difficoltà, opposte loro anche dal clero locale e dal vescovo, per la edificazione della chiesa e del convento di S. Francesco, nonostante le disposizioni papali. Nel 1278, Niccolò III risolve la controversia in favore dei frati designando il passaggio del comune in mano guelfa. D'ora in avanti il papa ricorrerà ai francescani per affermare gli interessi della Chiesa in Ferentino e nella provincia.
Frattanto, nel 1276 i Caetani cercano d'imporre una loro egemonia ma vengono scacciati.
Riusciranno nell'intento dopo l'elezione al papato di Bonifacio VIII, loro congiunto, facendo nominare rettore nel 1300 Loffredo Caetani, fratello del papa.
Alla morte di Bonifacio VIII, Ferentino stipulerà alleanze contro i Caetani che circa vent'anni dopo la occuperanno e devasteranno. La famiglia continuerà ad influenzare le sorti della città finché nel 1381, a seguito di una nuova rivolta capeggiata dal rettore Onorato Caetani contro il sindaco di Ferentino, papa Urbano VI confisca i beni dei Caetani che scompaiono dalla scena politica ferentinate.
Il trattato di Cave, nel 1577, esautora d'ogni potere ed autonomia il Rettorato, che passerà nel 1591 a Frosinone, e stabilisce lo smantellamento delle fortificazioni.
Colpita da una tremenda pestilenza a cui fa seguito un periodo di carestia, Ferentino decade rapidamente.
Nei primi decenni del 1600 molte chiese risultano dirute e vengono chiuse al culto, talune demolite ed i materiali reimpiegati per il restauro di altre.
Il vescovo Ennio Filonardi, nell'intento di risollevare gli animi ed infondere nuova speranza ai ferentinati, il 27 aprile del 1639 promuove la riesumazione delle spoglie di S. Ambrogio martire, quasi dimenticate dalle sistemazioni duecentesche della cattedrale. Riportate alla luce, il vescovo decide di portarle in processione la successiva Domenica 1 maggio.
Da allora questa data si è aggiunta a quella del 16 agosto, giorno del martirio, per i festeggiamenti del Santo.
Nel 1641 la comunità ferentinese commissiona a F. Taglietti, argentiere romano, una statua del centurione a cavallo come reliquiario; lo stesso vescovo Filonardi offre un cospicuo contributo.
Nel marzo 1735, per volere del vescovo Fabrizio Borgia, viene commissionata la macchina processionale per la statua-reliquiario, realizzata per l'agosto successivo da F.Cianfarani, intagliatore e scultore romano. Ignoti vandali, nel 1979, ne asporteranno alcuni elementi, ora ripristinati ma purtroppo non con la stessa finezza di esecuzione degli originali.
Il ricorso all'ambiente romano per la realizzazione della statua e della macchina è ancora una volta il segno di una forte dipendenza da Roma, città alla quale Ferentino ha legato il suo destino, nel bene e nel male, fin dagli albori.